MICI e alimentazione: perché serve un approccio basato sull’evidenza

Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI), come il morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa, sono condizioni complesse in cui l’alimentazione gioca un ruolo cruciale. Eppure, molti pazienti adottano scelte dietetiche basate su convinzioni personali, fonti non affidabili o “sentito dire”, escludendo cibi fondamentali per paura di peggiorare i sintomi. Questo comportamento può portare a restrizioni inutili, carenze nutrizionali e peggioramento della qualità della vita.

 

Una recente review pubblicata su Nutrients, a cura della Dott.ssa Eleonora Ribaudi del Policlinico Gemelli di Roma, ha evidenziato quanto siano diffuse le lacune nella conoscenza nutrizionale tra chi soffre di MICI. Riassumiamo di seguito i principali punti emersi.

 
Il ruolo della dieta nelle MICI
La dieta può influenzare direttamente sia l’infiammazione intestinale che i sintomi. Il modello alimentare occidentale – ricco di grassi saturi, alimenti ultra-processati, zuccheri raffinati e additivi – è associato a un peggioramento della malattia. Al contrario, modelli più equilibrati come la dieta mediterranea, ricca di fibre solubili, acidi grassi insaturi e polifenoli, mostrano effetti antinfiammatori e protettivi, modulando positivamente il microbiota intestinale.

 
Conoscenze nutrizionali carenti: un problema diffuso

Molti pazienti non ricevono informazioni aggiornate o complete sull’alimentazione e tendono a evitare cibi sulla base di esperienze personali. Tra le principali convinzioni errate:

  • Le fibre sono spesso viste come dannose, anche quando potrebbero essere benefiche;
  • Si adottano diete restrittive fai-da-te, senza supervisione;
  • Manca una vera food literacy, ovvero la capacità di comprendere e applicare le informazioni nutrizionali in modo corretto.

 
Cibi comunemente evitati (spesso senza motivo)

Tra gli alimenti più spesso esclusi troviamo:

  • Latticini, per timore di intolleranza al lattosio;
  • Glutine, anche senza diagnosi di celiachia;
  • Verdure ricche di fibra, cibi fritti, piccanti, grassi o speziati.

Queste esclusioni, non sempre giustificate da una reale necessità clinica, possono portare a diete squilibrate e monotone, aumentando il rischio di carenze.

 
Carenze nutrizionali: le più comuni nei pazienti con MICI

Molti pazienti vanno incontro a carenze a causa di malassorbimento, perdite intestinali, ridotto apporto o interazioni farmacologiche. Le più frequenti includono:

  • Ferro (anemia),
  • Vitamina B12 (soprattutto post-resezione intestinale),
  • Vitamina D (associata ad attività infiammatoria),
  • Zinco e folati.

Il riconoscimento e la correzione precoce di queste carenze è fondamentale per la salute generale del paziente.

 

Educazione alimentare e approccio comportamentale: strumenti efficaci

Gli interventi più efficaci sono quelli che combinano:

  • Educazione nutrizionale personalizzata,
  • Counseling alimentare,
  • Supporto psicologico e gestione dello stress,
  • Tecniche di mindful eating.

Questi approcci aiutano il paziente a prendere decisioni alimentari consapevoli, migliorano l’aderenza alla terapia e riducono il rischio di ricadute.

 

Diete studiate per le MICI: cosa dice la scienza

Alcuni approcci dietetici mostrano particolare efficacia:

  • Dieta mediterranea: benefica nella fase di remissione;
  • Nutrizione enterale esclusiva: utile per indurre la remissione nel morbo di Crohn;
  • Dieta a basso contenuto di FODMAP: riduce i sintomi nei pazienti con intestino irritabile sovrapposto;
  • Crohn’s Disease Exclusion Diet: positiva nella gestione dei sintomi;
  • Diete a basso contenuto di carne rossa e processata.

Tuttavia, ogni intervento deve essere personalizzato, per evitare squilibri nutrizionali.

 

Il ruolo del professionista: perché affidarsi a un nutrizionista esperto

La gestione nutrizionale delle MICI richiede un approccio multidisciplinare. Il nutrizionista ha il compito di:

  • Valutare lo stato nutrizionale del paziente;
  • Fornire indicazioni basate sull’evidenza scientifica;
  • Prevenire e correggere le carenze;
  • Educare il paziente a una gestione consapevole dell’alimentazione.

Troppe volte, però, i pazienti arrivano a ricevere assistenza nutrizionale solo dopo aver sperimentato autonomamente diete restrittive e inefficaci. È essenziale integrare la nutrizione nel percorso terapeutico sin dalle prime fasi della diagnosi.

 

Conclusione

Una corretta alimentazione può diventare un alleato fondamentale nella gestione delle MICI, a patto che sia guidata da professionisti competenti e basata su evidenze scientifiche. Evitare il fai-da-te, riconoscere le proprie carenze informative e rivolgersi a un nutrizionista esperto è il primo passo per migliorare il proprio stato di salute e la qualità della vita.